La rapida disintegrazione dei partiti italiani che sostenevano l’Ucraina è una sconfitta per tutti
Una volta tornati dalle luuuuuunghe vacanze Italia Viva e Azione, i principali partiti italiani ad essersi espressi in modo inequivocabile sul sostegno all’Ucraina in campagna elettorale europea (con qualche distinzione), si stanno disgregando ad una velocità ipersonica. E questo non è un buon segno.
Un elettorato tradito
Le notizie dei pezzi pregiati che i due partiti stanno perdendo in questi giorni non sono per niente rassicuranti. A quanto pare la batosta presa alle europee è stata da molti considerata come la pietra tombale ad un progetto liberale di centro che non ammicchi e non si allei con i moderni fascismi di destra e di sinistra. Peccato.
Le tendenze di Azione e Italia Viva ad alleanze nel famigerato campo largo di sinistra per le prossime amministrative non avrebbero niente di sbagliato in sè, se tra gli altri alleati non ci fossero il Movimento 5 Stelle di tavarish Conte e AVS, rei colpevoli di aver più volte propagandato i messaggi del cremlino sulla resa incondizionata dell’Ucraina alla russia di putin. Messaggi certo nascosti dietro l’aura del più puro pacifismo, ma non siamo nati ieri. Dai, certe cose ormai le sanno anche i sassi.
L’elettorato che ha sostenuto Azione e Italia Viva per la loro posizione smaccatamente pro Ucraina è stato ora lasciato solo, gli interessi a mantenere in vita le strutture partitiche non faranno altro che trasformare in zombie questi organismi che fino alle elezioni europee erano gli unici elementi di vera discontinuità dal filone politico tragicamente populista, tragicamente italiano. Come il sostegno incondizionato all’Ucraina possa emergere in una coalizione dove, a parte poche e inascoltate voci dei soliti quattro o cinque amigos, il massimo della vita è sentirsi dire “sì ok noi condanniamo l’invasione russa, ma c’è bisogno di un negoziato per raggiungere la pace”, questo proprio non posso immaginarmelo nemmeno nei miei sogni più sfrenati.
Capisco gli equilibrismi politici, ma entrare in maggioranze così eterogenee significa solo sacrificare i propri ideali, perdere la propria voce e zittire tutti quelli che, in fondo in fondo, ci avevano creduto o almeno sperato. E’ molto probabile che per gli elettori che alle ultime europee hanno indirizzato il loro voto verso le liste che sembravano avere una fede incrollabile in Kyiv si prospetti una lunghissima vacanza elettorale per evitare che il proprio consenso rafforzi alleanze con chi continua ancora oggi ad aspettare che Trump ritorni sul trono per consegnare la bandiera bianca papale della resa a Zelensky.
Il campo largo alla francese, che poi alla fine ha fallito
Una tipica distorsione politica italiana è quella di guardare al di fuori dei nostri confini per imitare solo i progetti apparentemente di successo ma infine rivelatisi fallimentari. Fu così con Jeremy Corbyn (grande illusione di una certa sinistra) ed è ora così con il Nuovo Fronte Popolare in Francia. L’idea del campo largo di sinistra alla francese a cui molti si stanno ispirando per sconfiggere la destra è raccapricciante per la sua inconsistenza e per l’incapacità di misurarne l’inutilità. In molti all’interno del panorama politico italiano probabilmente si sono fermati solo al primo turno elettorale francese, incapaci di capirne i meccanismi, incapaci di leggerne il vero esito.
I populisti francesi di sinistra, tutti uniti in un listone dell’orrore tra filoputiniani e isterici propal, nonostante avessero ottenuto ampi consensi al primo turno elettorale, alla fine non hanno raccolto un granchè proprio perchè la loro eterogeneità non ha permesso loro di esprimere nessun candidato decente per sostituire Attal. Infatti Macron dopo settimane di trattative inconcludenti ha incaricato come primo ministro il repubblicano Michel Barnier che con la sinistra ha ben poco a che vedere.
E’ sicuramente legittimo per Azione e Italia Viva preferire questo tentativo di scomparire all’interno dell’ennesimo listone con dentro chiunque e senza un progetto politico vero e proprio se non quello di raccattare un po’ di voti qua e un po’ di voti là. Ognuno può scegliere il modo che ritiene più idoneo per uscire di scena. E’ altrettanto legittimo che il nostro voto, quello di chi crede ancora che la questione ucraina sia lo snodo fondamentale del nostro tempo, non venga più dato a loro.
Se proprio dobbiamo sognare, facciamolo in grande. Con Draghi alla presidenza europea al posto di Ursula Von der Leyen finalmente putin avrebbe una degna nemesi con cui confrontarsi.
Ci risiamo, dopo Juliia Navalnaja per qualche giorno l'occidente scommetterà ancora sul cavallo perdente Kara-Murza e non su quello vincente: il ministro degli esteri lituano che invece ha capito tutto.
La storia del programmatore pasticcione che ha rilasciato un aggiornamento software e ha messo in ginocchio l'occidente non ci convince molto. E la russia non è stata minimamente toccata.
Per comprendere la resistenza ucraina e la guerra intrapresa da Israele dovremmo dare più ascolto alle parti in causa e immaginarci di vivere per decenni (o centinaia di anni) con un vicino di casa che vuole il nostro annientamento.