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Possiamo tornare a lavarci: Unilever esce dalla russia

La notiziona del 10 Ottobre 2024 è questa: Unilever completa le sue operazioni di uscita dal mercato russo e da quello bielorusso dopo le fortissime pressioni a cui è stata sottoposta negli ultimi anni a causa del suo “business as usual” all’interno della federazione russa.
E sul sito italiano di Unilever intanto spunta la bandiera ucraina sul brand di prodotti per l’igiene Dove, uno di quei marchi che era stato più duramente colpito dalle proteste degli attivisti. Che paraculata.

Unilever era designata sponsor della guerra

Unilever era stata designata dal governo di Kyiv come “sponsor della guerra” a causa del suo rifiuto di sospendere le sue attività ed iniziare il ritiro dalla russia dopo l’invasione su vasta scala in Ucraina del 2022. La multinazionale aveva continuato a fare business as usual e a rifornire le casse del cremlino di rubli sonanti per mezzo delle tasse che pagava per le sue attività in russia. Tutti soldi che si trasformavano automaticamente in spese militari a supporto all’invasione terroristica in Ucraina.

Ora Unilever ha annunciato per mezzo di un comunicato stampa apparso sul suo sito di aver completato le operazioni di vendita di tutti i suoi asset alla società russa Arnest group e di essersi quindi ritirata dai mercati di russia e bielorussia. Finalmente. I termini degli accordi di cessione degli asset di Unilever ad Arnest group rimangono secretati.

Le forti pressioni degli attivisti

Anche se in ritardo di due anni questo ritiro di Unilever dal mercato russo può essere visto come un successo da parte degli attivisti di tutto il mondo che hanno dovuto letteralmente scalare una montagna di difficoltà per mettere pressione a questo colosso del commercio. La multinazionale infatti nel corso di questi anni di guerra in Ucraina è stata presa di mira da attivisti e associazioni pro Ucraina subendo boicottaggi sull’acquisto dei suoi prodotti da parte dei tanti che non ritenevano etico supportare chi ha sostenuto l’economia di guerra del cremlino.
Questo dimostra anche che una scelta etica in tempi così complessi è fattibile e che l’impatto negativo in termini di immagine della loro presenza in russia è stato talmente alto che alla lunga non sarebbe più stato sostenibile mantenere i piedi in due scarpe così diverse tra loro. Non ci sembra di aver avuto notizie di morti tra i consumatori occidentali dovute direttamente alla sostituzione dei saponi e deodoranti Dove con altri prodotti di brand concorrenti. Nemmeno tra quelli che avevano smesso di mangiare il gelato Magnum. Probabilmente anche in Unilever devono essersene sono accorti. Meglio tardi che mai.

Rimangono ancora tanti altri brand occidentali in russia

Questa è una battaglia vinta, ma c’è ancora molto da fare. Multinazionali come Mondelez (produttrice di Oreo e altri snack famosissimi) o P&G (prodotti per l’igiene personale e la cura della casa, come Viakal e Dash) continuano a fare business as usual in russia nonostante le tante campagne di protesta degli attivisti per convincere i vertici di queste aziende a rinunciare al mercato russo per motivi etici e morali. La loro presenza in russia non solo arma direttamente l’esercito di mosca contro l’Ucraina per mezzo delle tasse pagate, ma aiuta anche a diminuire gli effetti delle sanzioni internazionali portando lavoro e denaro in uno stato terrorista che, ad oggi e con l’aiuto di tutti, dovrebbe già essere fallito.

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