Gruppo Ariston: letterina d’amore e ripresa del business a pieno regime in russia
Business is business, pecunia non olet, business as usual. Ditelo come volete, ma nel caso delle aziende italiane che lavorano in russia nessuna di queste frasi è vera. Recentemente putin ha firmato la denazionalizzazione delle sussidiare dell’italiana Gruppo Ariston in russia e dopo il grande spavento di vedersi sottratte le strutture produttive dai criminali moscoviti (con all’epoca grande spavento di Tajani), Gruppo Ariston rilascia un comunicato pieno di cuoricini verso il regime del cremlino. Ariston quelli dei condizionatori, sistemi di riscaldamento e di sistemi termici. No, non quelli delle lavatrici e delle lavastoviglie. Quelle non le fanno più da un pezzo.
Genuflessione davanti all'ideologia russa
Il comunicato ufficiale di Gruppo Ariston dopo la notizia del ritorno delle filiali produttive in russia sotto il controllo italiano è proprio quello che speravamo di non leggere. Non perchè riteniamo che sia corretto che la russia si appropri indebitamente di asset produttivi stranieri, ma perchè rinsalda quel legame d’amore tra gli imprenditori italiani ed il cremlino, nonostante tutto quello che sta avvenendo a livello globale. Lo statement rilasciato da Ariston è una genuflessione agli ideali che noi combattiamo tutti i giorni, dà l’impressione di essere una letterina piena di cuoricini all’amante ritrovato dopo un penoso distacco, carica di buoni propositi per un radioso futuro insieme.
Citiamo dal comunicato che trovate online sul sito di Ariston Group: “Paolo Merloni, Presidente esecutivo di Ariston Group, ha affermato: “Siamo molto soddisfatti della decisione delle autorità russe di reintegrare Ariston Group come proprietario e gestore della nostra sussidiaria russa. Riteniamo che rifletta un apprezzamento per decenni di investimenti e gestione responsabili, la nostra dedizione a oltre 300 dipendenti russi e le operazioni in corso dell’attività locale dell’azienda. Intendiamo riprendere le attività con la nostra leadership locale russa, rispettando pienamente le sanzioni esistenti e continuando la nostra tradizione nel paese”. Questo recente sviluppo richiederà al Consiglio di amministrazione di Ariston Group di rivedere la sua precedente decisione, presa il 1° agosto 2024, di deconsolidare Ariston Thermo Rus e registrare le perdite associate.“.
Finalmente in Ariston si sentono apprezzati da putin e dalla sua cosca mafiosa per i decenni di investimenti! Che soddisfazione.
La decisione di annullare il ritiro dalle operazioni ipotizzato dopo il tentativo di furto operato dal governo di mosca e di continuare il consolidamento del business in russia, perdonateci, ci sembra quantomeno eticamente discutibile. Non illegale, ma ai nostri occhi immorale.
Cosa significa fare business in russia
Il mancato stop delle attività di Gruppo Ariston in russia ha diverse tragiche conseguenze.
La prima e forse più dolorosa è quella di rifornire le casse del cremlino di proventi derivanti dalle tasse generate dalle vendite nel mercato russo. Come ben sappiamo queste tasse non verranno utilizzate per il welfare del paese invasore, ma saranno trasformate in droni e missili indirizzati su case e strutture civili ucraine. Se pensiamo che attualmente il budget della federazione russa allocato per spese militari è oltre il 30% della spesa pubblica (fonte CNN) capite anche voi dove finiranno buona parte delle tasse che il gruppo italiano pagherà per le sue attività in russia.
La seconda conseguenza è il sostegno all’economia russa, limitando gli effetti delle sanzioni internazionali che Gruppo Ariston afferma nel suo statement di voler rispettare. Portando lavoro e reddito in russia si crea un inevitabile sostegno al tessuto economico e sociale di un paese che invece avrebbe bisogno di capire realmente sulla propria pelle gli effetti della guerra scatenata in Ucraina.
Messaggi d'amore in tempo di guerra
Ripetiamo, fare affari in russia è lecito, ad esclusione di attività e commerci sottoposti a sanzioni internazionali. Non stanno infrangendo alcuna legge scritta.
Ma in una situazione mondiale così esplosiva, con i Baltici e la Polonia che stanno rafforzando le loro difese in vista di un possibile attacco russo, con la necessità di implementare il piano Rearm Europe per difenderci proprio dai russi, con un’Ucraina in fiamme dove non passa giorno che le sue pacifiche città siano crudelmente bombardate (e all’indomani proprio del terribile attacco di mosca su Dnipro) e dopo tutti gli inumani crimini di guerra commessi dall’esercito del cremlino, continuare a fare affari in moscovia ci sembra quantomeno di dubbio gusto. Soprattutto dopo i numerosi esempi virtuosi di imprese multinazionali ben più grandi ed importanti di Gruppo Ariston che hanno dismesso le proprie attività in russia già nel 2022 a seguito dell’invasione su vasta scala in Ucraina.
In questa guerra non si può non scegliere da che parte stare. Nel mondo di oggi si può essere neutrali e chi dice di esserlo mente. Noi abbiamo scelto chi sostenere con ogni mezzo a nostra disposizione fin dal primo giorno e, a quanto pare, anche gli italiani di Gruppo Ariston hanno fatto la loro scelta, diversa dalla nostra.
Il pagamento per gli enormi danni causati dalla guerra russa in Ucraina sconvolgeranno l'economia russa per generazioni. Le sanzioni di oggi sono in confronto uno scherzo.
Tra le tante tragedie vissute dai cittadini dei territori occupati c'è l'incubo della sostituzione etnica iniziata dal cremlino in quelle aree. Sequestri forzati ed illegali di immobili di proprietà ucraina che passano di mano ai russi.
Giorgia Meloni ritiene discutibili le dichiarazioni di Stoltenberg sull'utilizzo di armi NATO sul territorio russo. Forse dovremmo ascoltare più a Est, dove di queste cose se ne intendono veramente.
L'apertura di Zelensky ai negoziati e ad un cessate il fuoco che congeli i confini così come sono è sorprendente e doloro, ma in fondo io Zelensky lo capisco.