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La debole risposta dell’Unione Europea all’aumento della propaganda russa

Un approfondito studio pubblicato ad Agosto 2023 dalla Commissione Europea certifica l’aumento della propaganda russa su tutti i canali online e i pericoli derivanti da questo problema, ma non individua dei metodi realmente validi per contrastarla.

Lo studio EU sulla propaganda russa e il Digital Service Act

All’inizio dell’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina l’Unione Europea aveva risposto con decisione introducendo almeno a parole l’obbligo per i fornitori di servizi online (Google, Twitter, Meta e amici) di porre un freno alla propaganda russa dilagante sul web. Il risultato è stato un aumento di oltre il 20%  della diffusione di contenuti pro-cremlino. Capiamo che probabilmente senza alcun intervento l’aumento sarebbe stato di oltre il 100%, ma non possiamo certo esserne soddisfatti.
Questi dati sono presenti nel documento “Digital Services Act: Application of the Risk Management Framework to Russian disinformation campaigns” che trovate sul sito dell’Unione Europea e che ha come principale obbiettivo quello di studiare come il nuovo regolamento “Digital Services Act” in tema di gestione dei contenuti delle grandi piattaforme online possa intervenire in questo sistema e porre un freno al dilagare dei contenuti propagandistici a favore di mosca.

Cosa dice il documento "Digital Services Act: Application of the Risk Management Framework to Russian disinformation campaigns"

La propaganda russa si adatta e cambia forma per superare i limiti imposti dai regolamenti. Non lo fa peraltro in modi così tecnicamente inarrivabili. Semplicemente cambia nome ad account già esistenti oppure ne crea di nuovi.

aumento account russia social
La crescita degli account social pro-cremlino riportata dallo studio della Commissione Europea

L’Unione Europea, lo sappiamo, è la patria dei regolamenti. Probabilmente esistono anche dei regolamenti che regolano i regolamenti stessi. questa cosa va benissimo in tempi di pace, diventa però uno spreco di tempo e di risorse in tempi di guerra come quelli attuali. Ma andiamo comunque a dare un’occhiata a cosa dice questo studio.
Dobbiamo ammetterlo, le 74 pagine di questo paper sono ampiamente deludenti per chi ha un briciolo di dimestichezza con la cultura del web e non utilizza internet solo per prenotare le vacanze online. E dubitiamo che questo studio sul Digital Services Act fosse indirizzato alle casalinghe di campagna, quindi ci si poteva aspettare qualcosa di più, qualcosa che noi comuni mortali non sapevamo già.
Non viene infatti riportato nulla di nuovo e che non possiamo vedere già con i nostri occhi accedendo ai social. Tutto era già chiaro, perchè scriverne un libro senza agire in concreto?
In ogni caso la Commissione Europea ha certificato questi fatti che, dato che il buon dio ci ha fornito il dono della sintesi, vi riassumiamo in poche righe per non annoiarvi:

  • 1) Il primo regolamento emergenziale per limitare la diffusione dei contenuti propagandistici online ha ridotto il suo effetto.
  • 2) L’aumento della propaganda russa si registra su tutte le piattaforme, con una ovvia esplosione su TikTok e Telegram (si sono registrati rispettivamente oltre il doppio e il triplo di nuovi account pro-cremlino). Su YouTube sono aumentati del 90% i canali di propaganda russa.
  • 3) La propaganda russa si adatta e cambia forma per superare i limiti imposti dai regolamenti. Non lo fa peraltro in modi così tecnicamente inarrivabili. Semplicemente cambia nome ad account già esistenti oppure ne crea di nuovi. Cosa pensate abbia fatto per superare il ban imposto ai media russi? Ha semplicemente creato nuovi brand tramite i quali diffondere le sue menzogne.
  • 4) Le piattaforme online fanno troppo poco per moderare i contenuti di natura disinformativa e pro-cremlino. Se piattaforme come Facebook e Instagram hanno in qualche modo arginato il problema, il resto è terreno fertile per la propaganda di mosca.
  • 5) Tra i contenuti non censurati sui social non esiste solo la manipolazione dell’informazione pura e semplice, ma veri e propri contenuti “tossici”: violenza contro gli ucraini, disumanizzazione e violazione dei diritti gender, campagne di “propaganda Z”.

Fatta la legge trovato l'inganno, serve INFORMAZIONE

Il Digital Services Act costringerà sicuramente le piattaforme online ad effettuare maggiori controlli, ma la liquidità della propaganda russa ci metterà meno di un nanosecondo ad aggirarli.

Una parte interessante di questo studio e che ovviamente essendo interessante non viene valorizzata, è che sono indicati con sicurezza dai ricercatori chi sono i propagandisti online, quali contenuti diffondono e come trovarli. Quindi cosa facciamo? Scriviamo un’altra legge!
Sia chiaro, va benissimo, ma è una classica deformazione europea questa. Abbiamo individuato il problema e allora proviamo a regolamentarlo. Non è così che funziona dato che il nostro antagonista NON STA ALLE REGOLE. Sia perchè appartiene ad un’area immune direttamente dalle leggi europee, sia perchè (anzi soprattutto per questo motivo) la trasgressione delle regole altrui è la base fondativa di mosca per perpetrare i loro abusi.
Dobbiamo capire che siamo in guerra e contro la propaganda non serve una legge. Non serve quantomeno in questo momento.
Il Digital Services Act costringerà sicuramente le piattaforme online ad effettuare maggiori controlli, ma la liquidità della propaganda russa ci metterà meno di un nanosecondo ad aggirarli.

Quello che serve realmente, e che siamo sicuri non si farà, è una campagna di informazione seria e continuativa. Bisogna che i vertici delle istituzioni europee e delle varie nazioni (almeno quelle filo-atlantiste, non pretendiamo che Orban segua questo esempio) ci mettano la propria faccia e dicano ad alta voce come difendersi dalla disinformazione. Cosa è vero e cosa è falso. Come riconoscere i contenuti disinformativi, come proteggerci. Facciamo mille campagne di sensibilizzazione ogni anno: contro il fumo, contro l’alcool, per la sicurezza alla guida, contro lo spreco alimentare. Perchè la propaganda russa non viene percepita come un reale pericolo? Agiremo quando sarà troppo tardi?

Se vogliamo vincere la guerra dell’informazione è questo il momento per fare qualcosa, è oggi che bisogna agire. L’Europa e l’Ucraina ora hanno bisogno di fatti concreti, non di nuove parole. Per quelle ci sarà tempo.

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